Sulla lingua polacca a Roma

Invitiamo tutti che parlano polacco e che sono interessati alla lingua polacca in generale a partecipare a due prossimi incontri a Roma.
L'incontro delle 10.00 riguarderà la comunicazione, la storia e, soprattutto, la poesia polacca contemporanea. L'incontro delle 18.00, invece, sarà dedicato agli studi di traduzione comparata.
Entrambe le parti vedranno la partecipazione di Jarosław Mikołajewski.
Seguiranno un laboratorio di comunicazione con la dott.ssa Katarzyna Forst e dopo storia italo-polacca con la dott.ssa Małgorzata Lorencka. La sera, presso l'Istituto Polacco di Roma, si terrà un dibattito con Jaroslaw Mikolajewski, la prof.ssa Monika Woźniak della Sapienza e Lorenzo Costantino dell'Istituto Polacco.
Per tutti gli interessati abbiamo incluso un programma (in polacco):
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Sulla ricerca archeologica nella pittoresca Sicilia... - conversazione con prof.ssa Roksana Chowaniec e dott.ssa Marta Fituła

Vi occupate dell’archeologia da molti anni. Ci potete raccontare le vostre esperienze professionali più interessanti?
MF- La mia esperienza professionale, maturata in 20 anni di permanenza in Sicilia, è legata principalmente alla supervisione archeologica prima o durante la costruzione di strutture pubbliche. Questi lavori hanno portato alla scoperta e alla salvaguardia dalla distruzione di diversi nuovi siti di epoca ellenistica e romana e ha rafforzato i legami con le istituzioni siciliane (la Soprintendenza di Siracusa, il Museo Archeologico Regionale Paolo Orsi, l'Università di Catania, ecc.). Già all'inizio della mia attività, è nata l'idea della prima ricerca archeologica polacca sull'isola. Mentre non è stato difficile convincere la parte italiana a intraprendere una collaborazione scientifica con l'Università di Varsavia, il processo stesso di istituzione della Missione archeologica ad Akrai è stato piuttosto complicato e ha richiesto molti anni di sforzi, spesso di natura diplomatica. Ma proprio grazie a questi sforzi, per quanto possa sembrare immodesto, posso vantarmi oggi di aver avviato uno scambio fra studenti e dottorandi dell'Università di Varsavia con l'Università di Catania nell'ambito del programma Erasmus. Insieme a queste esperienze, sicuramente le più interessanti sono state le stesse attività di ricerca ad Akrai. Scoprire nuovi aspetti della vita di quell'antica città attraverso un lavoro archeologico meticoloso non solo ha contribuito a fornire nuove informazioni dal punto di vista scientifico, ma ha anche suscitato l'interesse della comunità locale per la ricchezza archeologica di Palazzolo Acreide.
RCh. – Mi occupo professionalmente di archeologia da oltre 20 anni, nel corso dei quali ho partecipato a diverse attività di ricerca e progetti in Polonia e all'estero. È difficile parlare brevemente delle esperienze professionali più interessanti, ma sembra che tra le più interessanti si possa annoverare la ricerca in Sicilia, non solo gli scavi in sé, ma anche la ricerca scientifica, attraverso la quale ho potuto conoscere la cultura e il patrimonio dell'isola, sia antico che moderno. È difficile riassumere in poche parole le esperienze professionali più interessanti, ma direi che i lavori svolti in Sicilia siano tra quelle più coinvolgenti, non solo per gli scavi in sé, ma anche per la ricerca scientifica, attraverso la quale ho potuto conoscere la cultura e il patrimonio, antico e contemporaneo, dell'isola.
MF e RCh – Dal 2009 collaboriamo ed esploriamo l’antica città di Akrai, abbiamo organizzato insieme numerose conferenze e laboratori, seminari per studenti accademici e scuole, abbiamo scritto testi a quattro mani, abbiamo organizzato presentazioni di libri e mostre dedicate alle ricerche al Palazzolo Acreide. Siamo ambedue impegnate nelle attività di associazioni quali: SiciliAntica, Triskeles, Fondazione Giuseppe e Santi Luigi Agnello.
La stesura del libro dedicato all’antica città di Akrai. Quali delle scoperte descritte nel volume ritenete le più interessanti? Come si è svolto il lavoro sul libro?
The Archaeology of Urban Life in the Ancient Akrai/Acrae, Sicily è il quarto volume dedicato agli scavi archeologici in Sicilia. Come già i primi tre è una pubblicazione a cura di autori vari.
I risultati delle ricerche presentati includono gli studi sui reperti datati dall’anno 212 avanti Cristo, cioè dalla caduta di Siracusa e la conquista dell’intera isola da parte di Roma, fino al periodo del tardo Impero Romano. Il volume è stato pubblicato dalla prestigiosa casa editrice Harrassowitz Verlag di Wiesbaden, e la collaborazione con il loro team editoriale, straordinariamente competente e dotato di altissimo livello di cultura personale e professionale, è stata impeccabile. Con il nostro supporto ha saputo rendere il libro non solo interessante nei contenuti, ma anche esteticamente gradevole e leggibile.
MF: La stesura del libro è stato un lavoro estremamente gratificante, anche se ovviamente non è stata una delle esperienze più facili. Tuttavia, la ripetuta rilettura dei testi, la loro revisione e l'editing hanno permesso di approfondire argomenti talvolta molto complessi con il prezioso ausilio degli esperti di archeologia e di altri settori scientifici. Questo libro si rivolge quindi a un’ampia platea di lettori.
RCh.- Non ho mai dato valore né alle scoperte né alla loro pubblicazione. Tutti i reperti sono importanti, anche quelli apparentemente meno rilevanti. A volte si possono ottenere molte più informazioni setacciando zolle di terra per ricerche archeobotaniche che scoprendo un nuovo bellissimo mosaico. Per rispondere alla sua domanda: tutti i ritrovamenti descritti nel libro sono interessanti e forse non tutti entusiasmeranno ogni singolo lettore, ma sicuramente ce n'è per tutti i gusti. Tanto più che si tratta di argomenti non solo archeologici, ma anche geologici, botanici o fisici e chimici.
Cosa vi ha spinte a concentrarsi in modo specifico sullo studio della vita urbana dell'antica Akrai?
Akrai è una delle città che ha giocato un ruolo importante nella storia della Sicilia sud-orientale. Si, la colonia greca Akrai, fu fondata, come scrisse Tucidide ne „La Guerra di Peloponneso”, con l'arrivo di coloni da Siracusa, intorno al 664/663 a.C. La città fu costruita su un altopiano di 770 metri e si trova oggi accanto all'odierna cittadina di Palazzolo Acreide. Quella posizione offriva una magnifica vista sulle dolci colline, sui campi e sulla valle del fiume Anapo e garantiva alla città un'eccellente protezione e controllo dell'area. Lo sviluppo più significativo della città si ebbe nel III secolo a.C. Fu allora che vennero eretti il teatro, il bouleuterion - luogo che ospitava il consiglio della polis, e l'agorà - la piazza principale. Dopo la distruzione del regno di Siracusa, nel 211 a.C. Akrai entrò nell'orbita dell'influenza romana.
RCh. - Per me personalmente, lo studio degli insediamenti o delle città è estremamente importante perché sono proprio questi che, a mio parere, forniscono maggiori informazioni sulla cultura effimera e sull'eredità delle civiltà del passato. La ricerca, incentrata sulla scoperta dell'antica "cultura vivente" attraverso gli strati riportati alla luce e i manufatti archeologici, permette di ricostruire la vita quotidiana degli abitanti della città. Ed è così anche per Akrai. Più di 100 anni di scavi nel sito hanno portato alla luce un teatro, un bouleuterion (edificio del piccolo consiglio comunale), templi e luoghi di culto, un tratto di strada che attraversa la città e cave utilizzate in seguito come luoghi di sepoltura. Ma questi elementi architettonici e i monumenti ritrovati "raccontavano" più la vita pubblica che la vita privata degli abitanti, mentre la curiosità di sapere come vivevano, cosa mangiavano, che animali tenevano, quali erano i loro gusti e le loro preferenze, poteva essere soddisfatta solo facendo ricerche su strutture residenziali.
MF. – Nonostante la mia preparazione nel campo della preistoria, ritengo che il lavoro di un archeologo in Sicilia non possa limitarsi a una determinata epoca o periodo e necessiti di una conoscenza ampia e un costante approfondimento. Va ricordato che la maggior parte degli antichi centri urbani sorgeva su siti precedentemente abitati da altre comunità. Non è stata quindi una grande sorpresa rinvenire durante gli scavi ad Akrai manufatti preistorici da strati risalenti al periodo romano. Ricordiamo inoltre che Acrae/Akrai fu fondata su un territorio abitato dalle tribù sicule. La scelta dell'ubicazione di un insediamento o di una città era spesso (ma non sempre) dettata da esigenze simili dei vari gruppi, sia dopo che prima della colonizzazione greca. Le condizioni geomorfologiche, l'accesso all'acqua dolce, la presenza di aree agricole e di materie prime, ecc. giocavano un ruolo importante per tutti. La differenza stava nel modo in cui sfruttavano l’ambiente, nella gestione del territorio e nella cultura materiale. Il tema è molto ampio e molto più complesso, quindi tralascio i particolari.
Quali sono state le principali scoperte o risultati ottenuti nelle vostre ricerche durante gli scavi? Hanno fatto emergere qualcosa di nuovo sulle strutture sociali ed economiche di questa antica città?
Tra le scoperte, o meglio tra le interpellanze di ritrovamenti più importanti c’è stata quella di cogliere vari utilizzi dell’area urbana presa in esame ed esplorata ad Akrai in diverse fasi cronologiche. Le abitazioni, costruite verso la fine del III secolo, quando Akrai era ancora subordinata alla Siracusa greca, subirono presto modifiche strutturali, probabilmente a causa di un cambiamento nella struttura sociale. Tra la fine del I secolo a.C. e l’inizio del I secolo d.C. avvennero grandi trasformazioni legate all'afflusso in città di nuovi coloni, ovvero i veterani romani che iniziarono a ricevere terre in Sicilia quale compenso per il loro servizio nell'esercito romano. Fu quello il momento in cui la cultura greca autoctona iniziò a mescolarsi alla cultura romana in ogni aspetto della vita. Successivamente, negli anni 60-70 del IV secolo d.C. un fatale terremoto distrusse molte strutture residenziali, costringendo probabilmente una parte degli abitanti ad emigrare. Uno o forse due decenni di stagnazione (caratterizzati dalla mancanza di reperti in quel lasso di tempo) si conclusero con l’arrivo in quelle zone di una nuova popolazione, una comunità cristiana assediatasi principalmente nella parte orientale della città, mentre la parte distrutta con edifici greco-romani fu destinata man mano alla produzione e alle attività artigianali.
Per rispondere a questa domanda, vale la pena precisare che gli scavi nella zona residenziale possono far luce sulle strutture e sull'economia, ma solo nel contesto dell’area presa in esame. Questa ricerca non dovrebbe essere liberamente trasposta all'intera città.
Potete svelarci qualcosa sui vostri progetti o programmi di ricerca futuri?
MF. I miei obiettivi futuri sono legati soprattutto alla preistoria della Sicilia. Nella parte sud-orientale dell’isola si trovano siti archeologici estremamente importanti, basti pensare all'insediamento neolitico di Stentinello o al villaggio e al cimitero della prima età del bronzo di Castelluccio. Sarei felice di poter condurre ricerche in siti minori o sconosciuti, come la Costa del Gesso con i monumenti della cultura di Castelluccio, situati sul territorio di una miniera di gesso cristallino abbandonata, o come l'isola di Capo Passero a Portopalo, da cui provengono manufatti in selce e ossidiana. Non escludo inoltre altre possibilità.
RCh. Sicuramente ci saranno altre pubblicazioni dedicate alle ricerche ad Akrai, dove verranno approfondite singole aree di studio, come l'alimentazione o la coltivazione e l'allevamento. Per il resto, sarà la vita a scrivere il copione.
MF.e RCh.: Abbiamo anche progetti comuni per un’opera dedicata alle donne nel contesto della preistoria e dell'antichità siciliana, con una prospettiva che tenga conto anche delle donne di Akrai. Se riusciremo a ottenere, come per le pubblicazioni precedenti, un finanziamento da parte del Ministero dell'Istruzione e della Scienza, vorremmo certamente pubblicare un altro libro, magari anche questo insieme alla Harrassowitz Verlag.
Come descrivereste le vostre esperienze di lavoro di ricerca in Italia?
MF: Il lavoro di ricerca, come qualsiasi altro lavoro in Sicilia, richiede la conoscenza di alcune abitudini sociali dell’isola, il cui mancato rispetto può comportare persino la rescissione dal contratto. Per fortuna finora non mi è capitato di vivere situazioni del genere, anche se non nascondo che mi è costato molta fatica evitarle, e a volte è stato necessario mitigare contrasti, persino tra gli stessi indigeni. Posso quindi vantare un'esperienza professionale poliedrica, non solo da un punto di vista scientifico, ma anche da quello degli usi e costumi.
RCh. I lavori di ricerca in Sicilia sono un’esperienza straordinaria, anche se la grande sfida in tutti questi anni è stato reperire i congrui fondi necessari non solo per gli scavi ma soprattutto per tutte le valutazioni specialistiche, dalle indagini archeobotaniche, analisi dei lipidi, esami fisici e chimici, geologici e geofisici, agli studi antropologici, archeozoologici, ecc. Ma il lavoro in sé è sempre un vero piacere grazie alla cordialità delle persone e all’assenza di inutili intralci in situazioni già di per sé spesso difficili.
Quale aspetto del lavoro e della vita in Sicilia apprezzate in modo particolare?
RCh. Contro ogni aspettativa - una tranquillità assoluta; ma anche paesaggi meravigliosi, una storia e un patrimonio culturale di grande impatto e persone che hanno tante cose interessanti da raccontare.
MF: Il contesto naturalistico fa sì che ogni aspetto della vita in Sicilia assuma una dimensione diversa. È impossibile rimanere indifferenti di fronte alla bellezza dell'isola, alla spesso sorprendente diversità e suggestione dei luoghi. Pescherecci colorati sul mare azzurro di Portopalo, fenicotteri che guadano i bacini costieri di Vendicari, vulcani di fango a Paternò, l'antico teatro di Taormina sullo sfondo dell'Etna innevato, palazzi barocchi color oro miele a Noto, agrumeti in fiore e chiassosi mercati di pesce... sono solo alcuni esempi di una miriade di immagini. Tutte, praticamente sempre illuminate dal sole, sono accompagnate da profumi e odori intensi, come quello delle zagare in fiore o delle melanzane fritte con le quali si prepara quel vero peccato di gola che è la parmigiana. In una parola, chi soffre della sindrome di Stendhal, dovrebbe starsene alla larga… Il carattere gioviale dei Siciliani, il loro temperamento focoso e la loro filosofia basata essenzialmente sul “poi si vede/ poi si vedrà” favoriscono ulteriormente l'ottimismo e rendono più piacevole anche il lavoro più duro.
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Ambasciatori dell'Università Jagellonica

Ieri abbiamo ricevuto la visita degli Ambasciatori dell'Università Jagellonica. Grazie per la bella conversazione e l'interesse per l'Accademia Polacca delle Scienze di Roma.
Potete leggere di più qui.
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